spermatozoi verso l'ovulo

Inizio e fine vita

una sacralità che merita il sacrificio

Da tempo si è davanti al problema di quali “interventi” umani, volti a modificare l'altrimenti “naturale” corso degli eventi della vita umana, siano eticamente accettabili. Il riferimento è soprattutto all'inizio vita, con la possibilità di attuare una fecondazione “assistita” (o artificiale), e al fine vita, con la possibilità di porre termine alla vita di una persona giunta ormai in fase “terminale”. La tecnologia in effetti permette all'umanità contemporanea di operare come in passato non sarebbe stato possibile.

Davanti a queste possibilità le opinioni divergono, anche sensibilmente: da parte di chi non riconosce l'esistenza di un Mistero creatore c'è la rivendicazione del diritto ad agire senza remore per rendere la vita umana il più possibile priva di sofferenza; da parte dei credenti c'è la preoccupazione che un potere dell'uomo sull'uomo provochi conseguenze disumanizzanti.

Linee generali

per una corretta impostazione del problema

Quando il potere dell'uomo è positivo

Diciamolo subito, in sintesi: lo è quando è volto a curare ciò che è realmente patologico, e causa di sofferenza evitabile. Curare le malattie non è rivoltarsi contro Dio. Perché Dio non vuole la sofferenza dell'uomo. Il male “fisico” (cioè la sofferenza) è qualcosa che Dio permette, ma non vuole: esso è infatti in generale conseguenza, diretta o indiretta, di comportamenti errati dell'uomo. In termini filosofici, e riprendendo un lessico di S.Agostino: il male “fisico” è conseguenza del male “morale”. Se non ci fosse stato il peccato originale, in altri termini, non ci sarebbe state la sofferenza e le malattie, e la stessa morte non sarebbe stata qualcosa di drammatico.

Ora, se l'intervento (“artificiale”) dell'uomo è volto a curare la malattia, esso non va visto come eticamente negativo, bensì come buono.

quando invece è negativo

Lo è quando l'uomo si mette al posto di Dio, arrogandosi un potere che non va nel senso di curare e aiutare la ripresa di funzioni naturali, ma nel senso di andare oltre, e in qualche modo contro, la natura umana.

Qui c'è un concetto che oggi suona per molti strano: quello di natura umana. È singolare che proprio nel momento in cui è diffusissimo un rispetto per la natura infraumana, con punte che arrivano a demonizzare qualsiasi attività dell'uomo che possa alterare anche di poco l'ecosistema, tale rispetto viene a mancare talora gravemente nei confronti della natura umana.

Molti, insomma, promuovono un rispetto per gli animali, le piante, le foreste, gli oceani e, se la cosa è condotta in modo intelligente, questo è positivo, perché è vero che spesso l'uomo devasta l'ambiente naturale, pregiudicando la sua stessa salute, se non la sua si pensi al tema dei cambiamenti climaticisopravvivenza. Lì si fa presente (giustamente) che deve esserci un limite all'agire umano. Ma poi, rispetto alla natura umana, rispetto all'uomo, si fatica a percepire che esistano dei limiti.

È come se molti accettassero l'idea cioè di Jean Paul Sartre, filosofo francese del '900sartriana di umanità come un Per Sè illimitatamente autocreatore: l'uomo decide chi vuol essere e come vuol essere, senza limiti.

L'idea tradizionale di natura (umana), invece, è un'idea di limite: è vero che l'uomo è è un'idea, dimenticata da molto teologia moderna, e riattualizzata, tra gli altri, da Henri de Lubacproteso a un fine soprannaturale, e quindi illimitato (è chiamato a diventare «come Dio», in Cristo, è chiamato alla divinizzazione). Ma un conto è a) il punto di arrivo, che b) gli viene donato, altro conto è pretendere che l'uomo sia a) da subito, e b) per un suo arrogante atto di potere (e non come umile accoglienza di un dono), illimitato e infinito.

l'inizio vita

Fecondazione assistita

Qui si può applicare la distinzione fatta prima: nella misura in cui potesse esistere un intervento umano volto a curare quella malattia che è la sterilità, senza pretendere di avere un potere sul nascituro, esso dovrebbe potersi considerare eticamente ammissibile.

Concretamente ciò significa che l'intervento volto ad assicurare la fecondazione non dovrebbe andare a determinare le caratteristiche del nascituro, ad esempio il suo sesso, o sue doti conoscitive (tipo il quoziente intellettivo) o temperamentali. Non dovrebbe, in pratica, decidere come debba essere chi nascerà, ma rendere possibile che nasca un nuovo essere umano. Accettando che sia come la natura (ovvero, in realtà, il Mistero), vorrà.

Determinare chi debba nascere è infatti una prerogativa del Creatore, che non è giusto sia usurpata dalla creatura.

Anche perché, come può capire anche un non credente, se sono io, essere umano, a decidere come dovrà essere un nuovo mio simile, io avrò poi su di lui una pretesa, la pretesa di un possesso. La pretesa che sia, e si comporti, “come dico io”: “frutto di un mio progetto, dovrà sottostare al mio progetto”, “Io l'ho fatto nascere, e a me dovrà assoluta obbedienza”.

Ora, anche un non credente dovrebbe convenire che questo potere di un uomo su un uomo sia inaccettabile.

Un ulteriore problema legato alla fecondazione assistita è la possibilità che sia usato il seme di un “donatore” estraneo alla coppia, che poi costituirà la famiglia del nascituro. Insomma la fecondazione “eterologa”. E questo appare totalmente ingiustificabile, e gravemente lesivo dei diritti del nascituro.

nota bene

In qualunque modo un essere umano sia stato messo al mondo, nessuno merita di essere punito per delle colpe non sue. A nessun essere umano è giusto dire: “tu sei una persona sbagliata”, “tu non dovresti esistere”.

Maternità surrogata

Questa pratica implica che una donna porti avanti la gestazione di un bambino che non solo non è stato concepito da un suo rapporto sessuale, ma nemmeno da un suo ovulo, per quanto artificialmente impiantato nel suo utero. E alla sua nascita, il bambino le verrà sottratto.

Si tratta di una pratica criticabile. Anzitutto c'è il fatto che può accadere (o, secondo alcuni, capita sempre e necessariamente) che la donna, che porta avanti la gravidanza, sia una donna povera, che si piega a tale “compito” solo per avere una ricompensa, del denaro di cui ha disperatamente bisogno. Vi è insomma una possibile (e secondo alcuni inevitabile) componente di sfruttamento sociale: coppie ricche che sfruttano donne povere. Di qui la denominazione di «utero in affitto».

Qualcuno sostiene però che esistono casi di donne che accettano una gestazione per altri non per motivi commerciali, ma per solidarietà. E in effetti esistono diversi Stati che ammettono la maternità surrogata solo a patto che non sia “commerciale”. Resta da vedere se poi l'assenza di un pagamento “ufficiale”, alla luce del sole cioè, garantisca l'esclusività di un movente solidaristico. La estrema dolorosità del parto e la sottrazione del bambino alla nascita sono elementi che rendono difficile pensare che una generosa solidarietà possa essere un movente credibile. Non, almeno, nella stragrande maggioranza dei casi.

Ma oltre a tale grosso limite, c'è il fatto che con la maternità surrogata un momento sacro di quella cosa sacra che è la vita umana, sia banalizzato e trattato come l'evento di una produzione industriale di un qualsiasi oggetto. E questo è inaccettabile.

Aborto

Nei due casi precedenti si trattava di interventi “oltre la natura”, volti a far nascere un nuovo essere umano. Con l'aborto, al contrario, si impedisce che nasca un essere umano già concepito. Su questo si può vedere quest'altra pagina.

il fine vita

Qui esiste da parte di molti non credenti la richiesta che la legge statale riconosca a un cittadino la possibilità di porre fine alla propria vita, quando questa è in fase terminale, o ha assunto, per via di gravi malattie, dei caratteri di insopportabilità.

Qui occorre distinguere: un conto è mirare ad alleviare la sofferenza, altro conto è pretendere di disporre della propria vita come se ne fossimo i creatori e signori.

il fine vita, se circondato da affetto, perde tragicità

Se il punto è alleviare la sofferenza, la cosa ci può stare. Anche qualora si affrettasse il momento della morte: è lo stesso più recente Magistero della Chiesa ad aver chiarito (nella Samaritanus bonus) che la sedazione profonda è eticamente accettabile e non è una forma di eutanasia. Perché mira non a provocare la morte, ma ad alleviare una sofferenza divenuta inaccettabile.

È vero che una sofferenza accettata per fede può costituire un atto eroico, ma non si può esigere da tutti l'eroismo. È anche vero che la sofferenza può essere l'occasione per una preghiera particolarmente intensa, ma la stessa vicinanza della morte è già un motivo più che adeguato per “costringere” un essere umano a ripensare alla sua vita e ad affidarsi alla Misericordia di Dio. Mentre un eccesso di sofferenza può avere effetti controproducenti, portando se non alla bestemmia, almeno a uno stato di consapevolezza così alterato da non consentire di pregare. In ogni caso Dio non è un carnefice, che goda nel vederci soffrire.


Altra cosa però è chiedere che si ponga “attivamente” fine non alla propria sofferenza, ma alla propria esistenza. Questo è eticamente sbagliato. Qui emerge infatti la pretesa di essere “come Dio”. Non accettando il proprio limite creaturale.

Se ciò però debba essere giuridicamente proibito, è un altra questione. Molto più complessa.

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