note sul mistero della Croce

Dio ha scelto di rivelarsi a noi, e di salvarci, con un camino che passa attraverso la Croce.

Qual è il senso della Croce? Perché Cristo è morto su una Croce?

la responsabilità (divina e “umana”) della condanna di Cristo

I. La sua condanna alla Croce non è un evento che abbia “spiazzato” Cristo, non è un imprevisto. Per tutta la sua vita, o almeno man mano che acquistò coscienza di essere Dio, inviato dal Padre, Egli ebbe presente che tale era la sua missione. Come dice un inno: "Cristo al morir tendea".

Rublev, la Trinita
Rublev, la Trinità

Diventava sempre più evidente ad esempio, man mano che la Sua missione tra gli uomini procedeva, come lo stesso popolo eletto non Lo riconosceva per quello che Egli era, e non era disposto a convertirsi al Padre; le dispute con le autorità religiose ebraiche in particolare erano un crescendo polemico: e tutto ciò non poteva che portare a uno scontro finale, che per la elevatezza della posta in gioco non poteva che essere mortale. Ma, poiché da parte Sua, totale era la obbedienza al Padre, tale scontro finale non poteva che apparirgli come preciso volere di Quello, e non come esito di propri (inesistenti) errori.

Egli inoltre avrà di certo trovato in molti passi dell’antico testamento (ad esempio quelli che la liturgia ci fa meditare in Quaresima) una profezia della sua morte sacrificale.

La sua Croce non si configura come l'interruzione o come il fallimento della sua missione, ma precisamente come il suo compimento. Creando il mondo la Santissima Trinità (come efficacemente raffigura la bellissima icona di Rublëv) aveva in qualche modo previsto di far culminare nel sacrificio del Figlio la propria autocomunicazione alla sua creatura.

Il calice del sacrificio è al centro dei Tre.

II. Non è però un evento che Cristo abbia in alcun modo chiesto ai suoi aguzzini (come secondo alcuni autori deve aver pensato Giuda): la responsabilità della Sua uccisione ricade interamente su coloro che ne hanno chiesto e concesso la morte (la folla di Gerusalemme, istigata dai sommi sacerdoti, e l'allora governatore romano della Palestina, Ponzio Pilato), e indirettamente ricade su tutto il genere umano, il cui peccato è la vera causa della Crocifissione. Dal punto di vista umano la Croce è una estrema ingiustizia, che il Figlio di Dio subisce.

I. [ex parte Dei] perché Dio ha in qualche modo scelto la Croce

Perché era prevista la Croce, dall'eternità?

S.Tommaso sostiene (nella Summa Theol., III, q. 46) che:

  1. era conveniente che Cristo patisse per il genere umano (a.1), non di una necessità “di coazione”, ma di una necessità “di fine”
  2. benché Dio potesse liberare il genere umano in altro modo che mediante la passione di Cristo (a.2), come dice anche S.Agostino, De Trin., XIII l.
  3. non vi era modo migliore (convenientior) che la passione di Cristo (a.3), in quanto essa:
    1. mostra all’uomo quanto Dio lo ami, predisponendo l'uomo a ricambiare tale amore, salvandosi
    2. ci da un “esempio di obbedienza, umiltà, costanza, giustizia e di tutte le altre virtù”
    3. merita non solo la liberazione dal peccato, ma anche “la gloria della beatitudine”
    4. esorta massimamente l'uomo a preservarsi immune dal peccato, vedendo a quale prezzo è stato salvato
    5. conferisce più dignità all’uomo, perché in essa l’Uomo Gesù sconfigge meritatamente il diavolo (più che non in seguito ad un atto, in qualche modo arbitrario, di Onnipotenza divina)

Duns Scoto, distanziandosi più che Tommaso dalla linea di S.Anselmo (che nel Cur Deus Homo aveva creduto di trovare una sorta di necessità giuridica della espiazione della colpa commessa dai progenitori, non effettuabile da altri che dal Figlio di Dio fatto Uomo) insiste invece sulla libertà della scelta di Dio: al primo articolo della 46a quaestio Scoto rispondeva che non esisteva per Dio alcuna necessità, né di coazione, né di fine, che Cristo patisse per noi. Pur convenendo poi con S.Tommaso e altri Dottori della Chiesa che non esisteva modo più conveniente per operare la nostra salvezza che la Croce, per motivi molto simili a quelli, riportati, del Doctor Angelicus.

Don Giussani dice che non era necessario che patisse in Croce per salvare l'uomo (come S.Tommaso, nel citato art. 2 di STh, III, q.46): “per salvarsi Cristo poteva dire soltanto: “Padre, perdona loro”, bastava questo. Mentre era sdraiato a mangiare l’ultima cena, poteva dire: “Padre, perdona loro”. Bastava questo, anzi bastava che dicesse: “Sì, Padre, manda Me” ed entrasse nel seno di Maria, diventando uomo.” (Si può vivere così, p. 275)

In sintesi la Croce, ex parte Dei, ha più valenze:


1. Manifestare compiutamente quanto il Mistero tenga a noi e alla nostra libertà, rivelando l'intima natura di Dio, che è amore trinitario: "nessuno ha amore più grande di chi dà la vita per i propri amici" e con ciò smentire il maggior argomento antiteistico del Diavolo, che Dio sia un Padrone tirannico, mentre è Amore rispettoso della libertà creata.

2. Insegnare la via della pazienza e dell’umiltà, della totale spogliazione della propria misura come la via più propria a Dio, a un’umanità superba e impaziente, violenta e vendicativa. E con ciò, come dice S.Tommaso, “esorta massimamente l'uomo a preservarsi immune dal peccato, vedendo a quale prezzo è stato salvato”.

II. [ex parte hominis] perché gli uomini hanno voluto crocefiggere Cristo

Perché Cristo venne odiato al punto da essere condannato a una ingiusta condanna?

Motivi ufficialmente addotti dai suoi nemici

  1. perché violava le regole esteriori del giudaismo legalistico e formalistico (guariva in giorno di sabato, ad esempio)
  2. perché suscitava turbamento nelle folle, offrendo pretesto a una repressione romana (cfr. dopo la resurrezione di Lazzaro, Gv)
  3. pur pretendendo di essere il Messia “non risponde all’immagine di Messia che ci si aspettava” (cfr. Giussani, All’origine della pretesa cristiana, p. 105)
  4. soprattutto perché si faceva eguale a Dio

Motivi reali

Essi sono riconducibili al fatto che Gesù

a) svela all’uomo il suo limite

Fa impattare l'uomo con ciò che egli preferirebbe censurare:

il limite conoscitivo:
pensavano di sapere già tutto di Dio, e invece Cristo rivela loro quanto limitata e distorta fosse la loro conoscenza del Mistero
il limite etico:
l'uomo, e il popolo eletto, è ben lungi dall’essere sé stesso, dall’essere fedele al Disegno creativo e redentivo
  • ai Giudei in particolare svela quanto fosse falsa la loro alleanza con Dio, ridotta in termini formalistici e ritualistici
  • lo svela con un linguaggio crudo e diretto: “guai voi”, “ipocriti”, “razza di vipere”, “figli della prostituzione”, “sepolcri  imbiancati”;

ora, chi vive nelle tenebre, vuole restare nelle tenebre e odia la Luce;

b) chiede all’uomo una dipendenza totale

Chiede infatti una dipendenza stringente, perché legata a Lui, Uomo-Dio che si manifesta in una concretezza non trionfale.

Su questo punto vi sono molti spunti di meditazione nella Scrittura (ad esempio Sap, 2, 1. 12/22), specie nel vangelo di San Giovanni: Cristo è la Luce, la Verità piena e totale, per questo chi vuole vivere nella tenebra, nell'errore (chi vuole impostare la propria vita secondo un criterio incentrato su di sé, sulla propria meschina misura) Lo odia, perché la Luce manifesta la malvagità delle tenebre.

In particolare Cristo, sempre negli episodi narrati da Giovanni, sfida apertamente e duramente quella parte delle autorità religiose ebraiche che era chiusa nei propri pregiudizi, e aveva fatto della religione una forma di cui si poteva sapere tutto. Mentre Cristo mostra loro quanto ipocrita fosse la loro posizione, e quanto colpevole la loro chiusura alla infinita e insondabile profondità del Dio vivo, sempre più grande di ogni schema umano.

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