don Luigi Giussani
il senso di questa pagina
Questa pagina non ha certo la pretesa di esporre in modo organico la figura di don Luigi Giussani, sul quale del resto esiste già una abbastanza ampia letteratura, in particolare il documentatissimo e scrupoloso libro di Alberto Savorana, Vita di Don Giussani. Piuttosto vorrei esporre qui i motivi per cui egli è stato importante per la mia vita.
In sintesi, don Giussani, che mi ha raggiunto in un primo tempo tramite una comunità “periferica” di CL, e che poi ho avuto la fortuna di incontrare personalmente e di ascoltare nel periodo dei miei studi universitari, è stato decisivo per farmi percepire la fede cristiana come interessante e meritevole di un coinvolgimento totale.
Il cristianesimo come risposta alla domanda umana
Giussani, dal punto di vista teorico, si inserisce in un movimento teologico iniziato nell'Ottocento, teso a riscoprire, con la Patristica, l'integralità dell'annuncio cristiano, superando così le angustie di un razionalismo teologico che aveva avuto ricadute negative sulla proposta concreta della fede, ridotta in senso moralistico.
Ma Giussani è stato ben più che un teologo: prima e più ancora, egli è stato un uomo, che voleva vivere in modo pieno e ragionevole, cercando sempre il significato di tutto, non arretrando mai davanti alla domanda: perché? Lui stesso riferisce che fu suo padre a esortarlo in questa volontà di chiarirsi il senso delle cose e delle scelte.
Da questo atteggiamento di fondo, che lo porta a voler vivere in modo utile, a sé e agli altri (ne parlava come della sua «ossessione»), nasce una simpatia per qualsiasi ricerca di senso autenticamente umana (si veda la sua simpatia per Leopardi), e una avversione a un modo abitudinario, moralistico o clericale di vivere e proporre la fede. La fede per lui non è un dovere da attuare per fedeltà a una tradizione acriticamente accolta, ma è la risposta al bisogno umano, alla domanda umana di significato e di felicità.
Alcuni elementi caratterizzanti della figura di Giussani
Una vita determinata dai fatti
Giussani ha dato vita a uno dei più importanti movimenti ecclesiali del '900, Comunione e Liberazione, ma non in base a un progetto a tavolino, benché di quello che poi sarebbe stato CL egli parlava con alcuni, pochi, suoi compagni di seminario.
Tutta la sua opera è piuttosto stata determinata dalle cose che gli accadevano, come sottolinea bene Alberto Savorana nella citata biografia. Siamo insomma ben lontani dall'idea di “piano pastorale”, inteso come progetto.
Una grande capacità di valorizzazione
A differenza di un certo clericalismo, Giussani non aveva paura di valorizzare tutto quanto fosse valorizzabile, anche se sorto al di fuori della Chiesa visibile.
Così Giussani valorizza il non credente Giacomo Leopardi, o altri non credenti come Pascoli, Pasolini, perfino Nietzsche, di cui apprezza l'idea che molti cristiani non hanno, come dovrebbero per rendere credibile la fede, una «faccia da salvati». È in linea con questa grande apertura valorizzatrice che il settimanale Il sabato, nato soprattutto per iniziativa di persone di CL e a CL sempre rimasto legato, accoglieva articoli di autori non cristiani e tra loro anche molto lontani, come il missino Giano Accame e il radicale Lino Jannuzzi.
Per la stessa ragione egli non ha fretta di spingere ad entrare nella Chiesa visibile: lo si vede con il grande rispetto che egli ha di studenti ebrei, a cui chiede anzitutto di andare a fondo nella loro tradizione. Ben diversamente da un possibile spirito proselitistico.
Un rapido sguardo alla (implicita) teologia di Giussani
Da un lato Giussani ha riscoperto, come abbiamo visto sopra, la pertinenza della domanda umana, e questo fa riferimento a Blondel, e attraverso quest'ultimo a S.Agostino e alla patristica: dire domanda umana di felicità e di significato è infatti dire desiderio di Dio, desiderio di Infinito, non saziabile da alcuna realtà finita, materiale.
Tuttavia d'altro lato, il desiderio di quell'Infinito, che solo può saziare l'attesa del cuore, non si traduce, come era il rischio di un certo agostinismo, in uno spiritualistico disprezzo per la realtà materiale. Al contrario, e qui Giussani recupera pienamente Tommaso d’Aquino, occorre la massima attenzione alla realtà concreta, sensibile, perché è solo attraverso di essa che si può arrivare all'Infinito. E questo perché l'Infinito si è fatto carne. In effetti il Prologo del Vangelo di Giovanni («il Verbo si è fatto carne») è un passo evangelico tra i più decisivi per la concezione di Giussani.
Quindi la genialità, anche teologica, di Giussani, è di unire il meglio di Agostino (il desiderio, la domanda) con il meglio di Tommaso (la decisività della realtà sensibile), evitando i possibili esiti unilaterali sia del primo (un intimismo o un sentimentalismo avulsi dal mondo) sia del secondo (un razionalismo pago del finito).
I due cardini di una vita di fede
Giussani amava soprattutto due passi evangelici, entrambi del Vangelo di Giovanni: 1) l'incontro di Andrea e Giovanni con Cristo (l'ontologia) e 2) il sì di Pietro (l'etica).
Il primo episodio (Gv 1, 35-39) rappresenta l'inizio dell'esperienza cristiana: un incontro. Un incontro imprevedibile con una Presenza eccezionale, che corrisponde alle esigenza del cuore (l'esigenza di felicità, di significato, di libertà, di amore): come si vede ci sono sia il fattore oggettivo (tomistico, un dato oggettivo, sensibile, carnale: incontrano un Uomo in carne e ossa, da poter seguire, andando a casa sua: «venite e vedete», che per Giussani era la formula cristiana) sia quello soggettivo (l'esigenza, l'attesa). La fede comincia così, con un Incontro, con l'avvenimento di un incontro.
Il secondo episodio (Gv 21, 15-18) è quello che traccia le coordinate dell'etica cristiana: non una coerenza, ma il Sì di S.Pietro alla domanda «mi ami tu» che Gesù gli rivolge ben sapendo che quello l'aveva rinnegato e tradito. Oltre ogni moralismo, che misura e che alla fine non può che sfociare o in presunzione (“come sono bravo!”) o in disperazione (“non potrò mai farcela!”), c'è la adesione a una Misura oltre ogni nostra umana misura, adesione a un Altro, sguardo rivolto a un Altro, che ha preso per primo l'Iniziativa, e non alla mia capacità o incapacità di riuscire.
sintesi ed eredità
Che cosa spiega il quadro che ho velocemente abbozzato? A mio parere la certezza che l'Altro esiste per davvero, e che ci si è per primo fatto incontro. Per questo tutto si riannoda al fatto che il cristianesimo non è qualcosa che dobbiamo fare noi, ma è qualcosa che dobbiamo accogliere. Con inesauribile stupore.
Non è, cioè, il frutto di qualcosa che noi siamo stati capaci di pensare (razionalismo, gnosi, direbbe papa Francesco) e che noi dobbiamo essere capaci di attuare (moralismo, pelagianesimo, direbbe sempre papa Francesco).
Se allo stupore per qualcosa che lo precede e che non può possedere, uno sostituisce la convinzione di aver capito tutto quello che c'è da capire e che adesso il problema è applicare quello che ha capito, ci si allontana dalla impostazione di don Giussani.
Per questo, oggi, segue di più don Giussani chi abbraccia questa certezza di fondo: non siamo noi a creare il cristianesimo, ma il Mistero. Che esiste per davvero e ci ama: scoprire nell'esperienza esistenziale questo, vale più che mettere in riga il mondo, in base a un nostro progetto.
Per questo chi si lascia prendere invece dalla paura e insegue delle sicurezze umane, puntando tutto su propri progetti, non segue il presupposto originante, senza cui tutto cade: non siamo noi a creare Dio, ma è Lui che ci ha creato e prende continuamente per primo l'Iniziativa.
In questo senso il suo primo successore, don Julian Carron, ha, a mio parere, seguito don Giussani (pur con qualche limite, certo), senza paragone più dei suoi critici. Ne parlo in questa pagina.
📖 Testi on-line
- una testimonianza sugli ultimi anni di vita di Giussani
🎬 Filmografìa
Giussani amava soprattutto tre films, che volle fossero resi disponibili all'acquisto “rieditandoli”, ossia
- il Dies Irae di C.T. Dreyer, che mette a tema, tra l'altro, il problema del male,
- Ordet, sempre di Dreyer, sul senso religioso come ricerca del Mistero e la “contemporaneità di Cristo”,
- e Dio ha bisogno degli uomini di J.Delannoy, che parla come il titolo annuncia, del fatto che per rapportarsi all'Invisibile, abbiamo bisogno di qualcosa di visibile, di umano.
Di questi tre films Giussani parla anche in Le mie letture, libro in cui parla dei suoi autori letterari preferiti, aiutando a trovarne un senso utile per la vita di ognuno.
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