Gli errori della Chiesa

Cominciamo precisando che sarebbe più corretto dire gli errori “degli uomini di” Chiesa. Non parliamo qui di errori morali di singoli credenti (o ecclesiastici), ma di errori di impostazione, strutturali, specie a livello culturale.

Giovanni Paolo II aveva parlato dei peccati, di cui la Chiesa doveva chiedere perdono, in occasione del Giubileo. La cosa era stata molto apprezzata da un certo Cristianesimo “di sinistra”, mentre era dispiaciuta molto a certo Cristianesimo “di destra”.

Sbagliano gli uni e agli altri: non c'è da rallegrarsi degli errori della Chiesa, ma nemmeno è possibile negarne l'esistenza, pur essendo giusto ridimensionarne la portata.

riflessioni teologiche generali

Come può la Chiesa sbagliare? La Chiesa è la Presenza di Cristo nella storia e Cristo è «Dio da Dio», in Lui «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità».

Perciò al divino presente nella Chiesa possiamo appoggiarci con fiducia, come bambini,

ma al tempo stesso, come adulti responsabili siamo chiamati a usare fino in fondo la nostra ragione e tutto ciò di cui siamo naturalmente dotati per valutare l'umano.

Come bambini, dobbiamo accogliere l'essenziale
come adulti responsabili dobbiamo elaborare il non-essenziale.

L'essenziale ci è dato immediatamente
il non-essenziale va raggiunto mediatamente,
con la mediazione della nostra intelligenza

che è storicamente situata, prospettica.

Sull'essenziale la Chiesa non ha mai sbagliato, per il divino che è presente in lei, e ad esso possiamo aderire con fiducia, immediatamente, come bambini; 

sul non-essenziale la Chiesa ha talvolta sbagliato, per l'umano di cui è impastata, e che richiede l'attivazione di tutte le energie naturali (intelligenza, senso critico, buon senso, senso della storicità del sapere razionale e della sua progressività), come in un adulto.

Da un lato la Chiesa non ha mai sbagliato, e basta essere come bambini sulle sue ginocchia di madre per entrare nel regno dei Cieli.

Dall'altro la Chiesa ha spesso sbagliato nel corso della sua storia, e occorre essere adulti nell'uso della ragione per prenderne atto con dolore e umiltà, pensando che noi avremmo fatto certamente molto peggio di quei fratelli che ci hanno preceduto e si sono illusi che bastasse avere la fede per avere ragione su tutto senza impegnare fino in fondo la ragione.

L'illuminista Kant vedeva solo il secondo lato (l'ingresso dell'uomo nella sua maggiore età), il fondamentalismo vede solo il primo.

Non si può essere “cristiani adulti” che giudicano la Chiesa dall'alto di una boriosa presunzione, se non con la soddisfazione di coglierla in fallo.

Ma nemmeno si può ottundere la verità, che talvolta uomini di Chiesa hanno sbagliato, e come hanno sbagliato in passato, così potrebbero sbagliare anche oggi. Sul non-essenziale.

Il fatto è che in Cristo l'umano era interamente permeato dal divino, la Sua natura umana era assunta (asynkytos kai adiaretos) nell'unica Persona divina. Nella Chiesa (in quella militante, storica) invece, l'umano, pur venendo in qualche modo unito al divino, da esso assunto, è contrassegnato dall'imperfezione legata al libero arbitrio dei cristiani: il Signore ha accettato, vertiginosamente, il rischio di affidarsi a dei peccatori, di far veicolare la Sua presenza da una realtà umana abitata sì dallo Spirito, ma pur sempre fatta da persone che possono, e debbono, ad ogni istante ridecidere per o contro la Verità.

Nella Chiesa è presente perciò sia una componente divina, sia una umana: la componente divina assicura che l'essenziale non venga mai meno, quella umana vede però la continua possibilità dell'infedeltà, almeno come riduzione, ma talora anche come tradimento.

Quello che è accaduto e accade storicamente conferma questa verità:

Se la Chiesa avesse sbagliato sull'essenziale vorrebbe dire che il Cristianesimo è solo un progetto umano, e non è permeato di divino. Ma così non è.

Se la Chiesa non avesse sbagliato mai, vorrebbe dire che la presenza del divino neutralizza l'umano, rende automatica e non drammatica la piena verità dei suoi.

in particolare

Gli errori della Chiesa sono stati di vario tipo: teorico (come il caso Galileo, il caso Darwin) o pratico (la legittimazione della pena capitale, della guerra santa, dell'Inquisizione, una certa riduzione del ruolo della donna, una certa sessuofobia).

In comune tali errori hanno di aver ritenuto che per difendere un (giusto) valore (la centralità dell'uomo nella natura, il suo primato sugli animali, la differenza tra verità ed errore, la possibilità per l'uomo di arrivare a delle certezze, il valore dell'armonia familiare e della purezza) fosse necessario usare dei mezzi che di fatto prescindevano da, o non consideravano abbastanza, quanto una ragione naturale storicamente situata e dialogica avrebbe potuto intravvedere. Alla base di ciò sta un “peccato” di presunzione, ovvero anche di precipitazione del giudizio.

Al secondo tipo di questioni apparteneva il problema del geocentrismo: la fede ci dice qualcosa sulla posizione dell'uomo nel cosmo; qualcosa che è più di nulla, ma che è anche meno di tutto; ci dice che il mondo lo ha creato Dio per l'uomo, il quale ha perciò una posizione valoriale centrale (questo è più di nulla); ma non ci dice se il pianeta su cui l'uomo abita sia fisicamente al centro dell'Universo: su questo deve necessariamente intervenire un altro tipo di sapere, quello scientifico.

Analogamente l'evoluzionismo: la fede dice qualcosa riguardo al rapporto tra l'uomo e gli animali; dice che l'uomo è di più, qualitativamente di più degli animali, perché lui solo è immagine e somiglianza di Dio, e da Dio chiamato a partecipare alla Sua stessa vita; ma questo non esaurisce la questione dell'origine del corpo umano, la cui derivazione da materia inorganica o organica (il corpo di primati adeguatamente evoluti) può essere determinata solo dal sapere scientifico.

Facendo tesori di tali errori del passato la Chiesa dovrebbe attenersi come metodo a una distinzione tra essenziale e non-essenziale, usando la dovuta cautela a pronunciarsi su quelle tematiche non-essenziali dove non si dia una autosufficenza del dato rivelato, ma sia richiesto il contributo del sapere filosofico o scientifico.

Su tali temi non si tratta di abbandonare la capacità di giudizio per abbracciare uno scetticismo generalizzato, ma di contestualizzare il giudizio, mantenendosi costantemente aperti al contributo di altre fonti conoscitive.

Certi che nessuna verità, se davvero tale, può mai essere contro la Verità.