un fotogramma dal film I dieci comandamenti: il passaggio del Mar Rosso

La Bibbia: passi difficili

problemi interpretativi

introduzione

I maggiori problemi interpretativi della Sacra Scrittura riguardano l'Antico Testamento, e sono essenzialmente di due tipologie: 1) relativi a eventi miracolosi, e 2) relativi alla violenza e ad altre forme di deroga da ciò che noi possiamo considerare etico.

1. Eventi miracolosi

Che possano esistere eventi inspiegabili in termini naturali (ossia miracoli) è qualcosa che a) la ragione non può escludere e che b) la fede cristiana postula come un suo requisito indispensabile (che cos'altro è ad esempio l'Incarnazione del Verbo se un un grandissimo miracolo?).

Tuttavia questo non implica che tutto ciò che di miracoloso viene narrato nella Sacra Scrittura debba essere preso alla lettera. O meglio: i miracoli di cui si parla nel Nuovo Testamento vanno presi alla lettera, come eventi reali, storici. Per quelli narrati nell'Antico Testamento il discorso è più complesso.

I miracoli narrati nell'Antico Testamento in effetti appaiono spesso più “spettacolari” di quelli operati dal Figlio di Dio e miranti a consolidare la fiducia in Dio del popolo eletto, legati quindi alla sorte della collettività ebraica. Mentre Cristo opera miracoli per lo più rivolti al bene della singola persona, piuttosto che al consolidamento di una identità collettiva.

Come quando Egli guariva malati, come quando resuscitò dei morti (Lazzaro, un fanciullo e una fanciulla), o quando moltiplicò i pani e i pesci, o camminò sulle acque.

Inoltre nel caso dei miracoli neotestamentari si potrebbe dire che “violavano meno” le leggi della natura, e comunque si caratterizzano per un grado di “spettacolarità collettiva” decisamente minore di molti eventi miracolosi narrati nell'Antico Testamento, come le piaghe d'Egitto, o il passaggio del Mar Rosso tra due altissime pareti verticali d'acqua, o come la miracolosa sopravvivenza dei tre giovani nella fornace ardente, o di Daniele nella fossa dei leoni.

In questi ultimi casi si potrebbe porre il problema di quanto tali episodi debbano essere presi in senso letterale. Anche perché, mentre i miracoli evangelici ebbero molti testimoni, e molti di essi morirono per attestarne la veridicità, una paragonabile attestabilità non potrebbe essere trovata in diversi episodi miracolosi veterotestamentari.

A titolo puramente ipotetico: episodi come quelli narrati nel libro di Daniele (e altri simili, come le piaghe che colpirono l'Egitto per costringere il faraone a lasciar partire Mosé e il popolo ebraico) potrebbero non andare intesi in senso pienamente letterale.

Con questo non si sta dicendo che non siano episodi storici, ma solo che potrebbero non esserlo (almeno non nella esatta forma con cui la Bibbia ne riferisce); ma anche se risultasse che non lo sono stati, ciò non costituirebbe motivo di scandalo, di obiezione alla fede.

Perché questa possibile interpretazione

Non perché il Creatore della natura non possa fare quel tipo di miracoli: li può fare.

Occorre piuttosto, per inquadrare bene la questione, tenere presente alcune coordinate:

Su quest'ultimo punto esiste una convergenza tra la maggior parte degli esegeti, come ricorda Gianni Montefameglio

«Nei miracoli durante l’esodo degli ebrei dall’Egitto Dio impiega le forze naturali da lui stesso create. Già da tempo gli esegeti hanno visto nei fatti dell’Esodo ebraico dall’Egitto dei fenomeni naturali, probabilmente più gravi dell’ordinario. Questi esegeti hanno ritenuto che quei fatti sarebbero stati visti dalla fede degli ebrei come particolari interventi di Dio.

Che dire? Se da una parte ci sono coloro che negano i fatti miracolosi e spiegano tutto secondo le leggi della natura, c’è il rischio che dall’altra parte ci sia l’estremo opposto: coloro che per credulità (ben diversa dalla fede) accettano tutto letteralmente. Se i primi sono ciechi, i secondi rischiano di essere visionari. Abbiamo già considerato come tutta la creazione sia un miracolo perenne. Dio è il creatore di tutto. Perché mai Dio non dovrebbe servirsi della sua stessa creazione per compiere miracoli?»(I Miracoli nella Sacra Scrittura, Centro Universitario di Studi Biblici, Milano 2020, cap. 4, p. 12).

Giussani e il Gemoll

Don Luigi Giussani narra di un (piccolo) miracolo ottenutogli per intercessione di San Giuseppe: a un certo punto gli arriva il tanto sospirato vocabolario di greco, il Gemoll. Giussani lo racconta lui stesso, tra l'altro, in Perché la Chiesa, Rizzoli, Milano 2003, pp. 288-290 (vedi il brano intero) che quel giorno, avendo lui invocato San Giuseppe per tale intenzione, gli sarebbe arrivato il Gemoll. E il Gemoll infatti arriva. Fu quello un miracolo? In qualche modo sì: nel senso che fu un segno per il giovane seminarista Giussani della bontà del Mistero nei suoi confronti. Ma si era il Mistero avvalso di un a sospensione delle leggi della natura? Aveva fatto volare il Gemoll nell'aria? Lo aveva fatto materializzare magicamente dal nulla sotto gli occhi stupiti di tutti?

No. Si era servito di una serie di coincidenze naturali apparentemente casuali, per cui alla fine quello che ne risultò fu un segno straordinariamente eloquente: «ad altri questo fatto può non aver detto niente, a me disse moltissimo», ricorda don Giussani nel brano citato.

Si è detto che, se così fosse, se cioè la narrazione di certi fenomeni miracolosi dell'Antico Testamento non andasse presa in senso totalmente letterale, ciò non sarebbe obiezione alla fede nella Onnipotenza del Mistero. Si potrebbe dire di più anzi: che la Sua onnipotenza rifulgerebbe ancora di più dalla sua capacità di “stare al gioco”, in modo per così dire “ordinario”, senza usare di “superpoteri”. Un po' come sarebbe più degno di ammirazione un Superman atleta che non usasse i suoi superpoteri per vincere una gara, ma vincesse usando al meglio le forze di cui qualsiasi essere umano dispone.

Tutto quanto si è fin qui detto sul tema dei miracoli veterotestamentari ha comunque un carattere di semplice ipotesi, non di una certezza: sta agli esegeti, e al Magistero, determinare quale debba essere la portata reale di questo o quel determinato episodio miracoloso veterotestamentario.

Il punto decisivo (e, questo sì, certo) è che, quali che siano le determinazioni a cui essi possono giungere, la fede a differenza di quanto pensano dei credenti ultra-tradizionalisti, tendenti al fondamentalismo letteralista di credere che tutti gli episodi miracolosi narrati nell'Antico Testamento siano da intendersi in senso esattamente letterale.

2. Violazioni delle comuni regole etiche

inganno e violenza sacri?

Esistono nell'Antico Testamento diversi episodi in cui le regole etiche che un cristiano è chiamato a rispettare vengono deliberatamente e convintamente violate da personaggi che tutto lascia intendere siano “in buoni rapporti” con Dio, da personaggi presentati come positivi.

inganno benedetto?

Giuditta e Oloferne
Giuditta decapita Oloferne

In qualche caso si tratta di menzogne o di inganni, che vengono messi in atto per raggiungere obbiettivi di per sé buoni. Tra i tanti episodi si può ricordare quello di Giuditta, che seduce e inganna Oloferne, nemico di Israele, per poi decapitarlo. Ma questo tipo di violazione dell'etica appare meno problematico, perché per lo più i personaggi biblici che compiono tali azioni non le eseguono obbedendo a un espresso comando di Dio, ma su loro iniziativa. Anche se poi questa iniziativa non pare oggetto di esplicita condanna da parte dell'autore ispirato.

Occorre inoltre tener presente che la coscienza morale si è sviluppata solo gradatamente, e ciò che in seguito sarebbe stato comunemente condannato come contrario alla legge morale, per molto tempo non è stato percepito come tale. Qualcosa del genere lo si vede anche da altri fenomeni, come la poligamia, praticata nei tempi più antichi senza particolari rimorsi.

violenza “sacra”?

«Figlia di Babilonia devastatrice,
beato chi ti renderà quanto ci hai fatto.
Beato chi afferrerà i tuoi piccoli
e li sfracellerà contro la pietra.»
(Sal 136 [137], 8-9)

Ben altrimenti problematica è la questione della violenza, messa in atto da personaggi veterotestamentari come se essa fosse voluta da Dio stesso.

Riportiamo questa sintesi dal sito amici domenicani, con alcuni passaggi dove sembra che sia Dio stesso a ordinare la violenza:

«Più di una volta, nell’Antico Testamento, si attribuisce la violenza a Dio per affermare la sua santità. Essa si manifesta soprattutto in due casi: come punizione per determinate violazioni della Legge e nel caso dell’anatema applicato ai popoli vinti.

Nel primo caso, il colpevole di idolatria è lapidato (cfr. Dt 17,2-5). Chi profana il sabato è condannato a morte (cfr. Es 31,14). La stessa cosa vale per lo straniero che entra nel santuario del Tempio (cfr. Nm 3,38). Il libro dei Numeri racconta che la terra si aprì e inghiottì quelli che si erano rivoltati contro Mosè (cfr. Nm 16,30). Nel Primo libro dei Re (cfr. 1 Re 18,40), il profeta Elia, sul monte Carmelo, fa massacrare, in nome di Dio, i sacerdoti di Baal.

In riferimento al secondo caso, durante la conquista di Gerico, di Ai e di altre città, in nome di Dio viene pronunciata la legge dell’anatema. Tutti coloro che non credevano in Dio dovevano essere uccisi. “Votarono poi allo sterminio, passando a fu di spada, ogni essere che era nella città, dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l’ariete e l’asino” (Gs 6,21). Nei salmi così detti “imprecatori”, osserviamo Dio “combattere” con il popolo e sostenerlo nella lotta contro gli altri popoli. Osserviamo pure che la preghiera diventa talvolta imprecazione e domanda di vendetta: “Pochi siano i suoi giorni e il suo posto l’occupi un altro. I suoi figli rimangano orfani e vedova sua moglie” (Sal 109,8-9). “Siano confusi e volgano le spalle quanti odiano Sion” (Sal 129,5).“Spezza il braccio dell’empio e del malvagio” (Sal 10,35).»

Come si possono interpretare questi passaggi?

Prendiamo il caso del Salmo 105 [106], che ai versetti 34 e 35 recita

«Non sterminarono i popoli
come aveva ordinato il Signore,
ma si mescolarono con le genti
e impararono ad agire come loro.»

In questo, come in altri passi simili, si vede qual è il reale intento dell'ispirazione sacra: il non mescolarsi con i costumi, con il modo di agire, dei popoli idolatrici. È a questo, e solo a questo, che mira il comando di Dio. L'autore sacro, o chi ne ha trascritto/tradotto il testo, ha evidentemente frainteso il comando, come se il non mescolarsi con i costumi malvagi non potesse che implicare l'eliminazione (fisica) degli esseri umani che tali costumi praticavano. Insomma ci sono casi in cui Dio vuole A (non imparare dai peccatori), ma l'autore sacro, condizionato dalla mentalità del suo tempo, crede che l'unico modo per giungere ad A sia B (cioè eliminare i peccatori). L'autore sacro, in tali casi, ha ragione a dire che Dio vuole A, ma mescola a tale giusta comunicazione l'idea, frutto di condizionamento storico, che A passi per B. Vede giustamente il fine, ma non altrettanto bene il mezzo.

Il Nuovo Testamento: chiave interpretativa dell'Antico

Da sempre del resto la Chiesa ha insegnato che l'Antico Testamento è una modalità imperfetta e incompleta di rivelazione del Mistero: solo Gesù Cristo rivela pienamente e perfettamente (per quanto possibile in questa vita) il Mistero.

Dunque l'Antico Testamento va letto alla luce del Nuovo. Ne è prefigurazione e simbolo. Imperfetta prefigurazione e imperfetto simbolo.