una immagine del santo

sant'Ignazio di Loyola

Francesco Bertoldi

O bone Jesu exaudi me
ne permittas me separari a Te
Ab hoste maligno defende me
In hora mortis meae voca me
et iube me venire ad Te.

cenni sulla vita

educazione e inizi

Ignazio fu anzitutto un soldato, in qualche modo questa forma attraversa da un capo all'altro la sua vita, prima e dopo la sua decisione di totale dedizione a Cristo. Egli era in effetti un nobile votato per nascita, se non a una esclusiva professione delle armi, quantomeno a una continua disponibilità ad un loro uso, al servizio della Corona.

La sua famiglia era originaria dei Paesi Baschi, nel nord della Spagna, più esattamente di Azpeitia; il padre, Beltran Ibañez de Oñaz (1439-1507) combatté a fianco dei Re cattolici.

Ignazio, il cui nome di battesimo era Iñigo, nacque nel 1491 circa (mancano in effetti i dati del registro parrocchiale). I suoi contemporanei parlavano di lui come di «un giovane brillante e raffinato, molto amante di abiti sfarzosi» (cfr. Candido de Dalmaso, Il padre maestro Ignazio, tr.it. Jaca Book, p.45), e lui stesso affermava che «il suo diletto preferito era il maneggio delle armi» (ibi, p.49).

la svolta

A un certo punto, accade la svolta: nel 1521, a Pamplona, difendendo la città dai francesi, Ignazio viene gravemente ferito, da una palla di bombarda, alle gambe (una venne spezzata, l'altra malamente ferita). Si teme per la sua vita. Poi egli supera la crisi, ma il prezzo fu la necessità di una operazione chirurgica per rimediare alla cattiva saldatura delle ossa spezzate, che avevano reso quella gamba più corta dell'altra e con una escrescenza ossea brutta a vedersi.

Nel periodo di convalescenza Iñigo ebbe modo di leggere dei libri “spirituali”, tra cui la Vita Christi di Ludolfo di Sassonia e il Flos sanctorum di Giacomo da Varazze; si apre in lui una riflessione interiore, che lo porta a una decisione molto netta: dedicarsi totalmente a Cristo, abbandonando la mondanità che fino allora aveva seguito.

Ignazio decide di recarsi in pellegrinaggio a Montserrat, uno dei più celebri santuari mariani di Spagna. Lì vegliò in umile preghiera davanti alla Vergine “morena”, e da lì in poi si sentì dalla Vergine Maria sempre protetto in modo speciale. Lì sceglie di abbracciare una vita di castità, povertà e obbedienza totale.

Egli è talmente preso da questa scelta, da voler troncare nettamente ogni rapporto col passato, rendensosi per parecchio tempo irreperibile a familiari e conoscenti, per vivere come un “pellegrino povero”; fu un periodo, in gran parte passato a Manresa, aiutato dalla presenza di un convento di domenicani, di intensissima preghiera, con molti fenomeni di esperienza mistica, di dura povertà (passò una volta una intera “settimana senza toccare cibo”), e di missione tra la gente del posto, con cui amava parlare delle cose di Dio.

A Manresa sperimentò su di sé quel metodo che poi avrebbe codificato negli Esercizi spirituali.

a Gerusalemme

Dopo una sosta a Roma, si recò poi pellegrino in Terra Santa, nel 1523, affrontando molte difficoltà, non solo economiche, ma legate alla dilagante potenza turca nel Mediterraneo orientale (Rodi era caduta in mano turca nel 1522), che rendeva più arrogante e insidioso il loro atteggiamento nei luoghi santi; senza contare che Ignazio era ancora molto malmesso in salute («febbri violentissime» lo assalirono poco prima della partenza da Venezia).

A Gerusalemme comunque arrivò il 4 settembre di quell'anno, accolto dai francescani; lì egli fece una completa visita a tutti i luoghi della vita di Gesù in Giudea; invano egli chiese ai francescani di poter rimanere stabilmente presso di loro, anche solo come ospite: la mano della Provvidenza lo voleva altrove!

gli studi

Così, tornato in Europa (gennaio 1524) Ignazio si dà allo studio, per poter accedere al sacerdozio, prima a Barcellona, dove studiò latino e materie umanistico-letterarie (il trivio), poi ad Alcalà e Salamanca, dove avrebbe dovuto affrontare la filosofia, ma dove invece fu assorbito più che altro da “attività apostoliche”, cercando di conquistare discepoli; il che, non solo frenò il suo ritmo di studio, ma gli provocò anche delle noie con l'Inquisizione, perché la sua attività venne, erroneamente, accostata a quella (semiereticale) degli alumbrados, pseudomistici esaltati, che seminavano nella Spagna di quel periodo confusione e turbamento.

Furono addiritura otto i processi che Ignazio dovette subire, in qualche caso con carcerazione, ma da tutti venne poi assolto, diremmo oggi, con formula piena. Egli ebbe l'accortezza di farsi rilasciare ogni volta un documento scritto che attestava in modo inequivocabile il suo pieno proscioglimento: L'Inquisizione aveva più e più volte riconosciuto che egli non aveva niente a che fare con gli alumbrados, e che a spingerlo era solo una sincera volontà evangelizzatrice, che semmai suscitava l'invidia e la gelosia dei tiepidi.

Soltanto una cosa l'Inquisizione gli impose: completare gli studi teologici prima di riprendere a parlare di cose di fede. Così Ignazio dovette riprendere quel fardello, che lo zelo apostolico gli aveva fatto apparire fattore dilazionante di quello che egli percepiva come urgente compito. E così andò a completare gli studi a Parigi.

Parigi

La capitale francese era ancora il centro culturale più prestigioso della cristianità. Ignazio vi studiò, dal 1528 al 1535, con grande serietà, evitando gli errori di Alcalà e Salamanca, ma non di meno stringendo amicizie con altri studenti, conquistati dalla intensità della sua esperienza di fede, e che poi sarebbero diventati suoi seguaci: i primi gesuiti, o, come allora amavano chiamarsi, «gli amici del Signore» (Pietro Fabro, Simone Rodrigues, Francesco Saverio, Diego Lainez, Alfonso Salmerón, Nicolas Alonso detto Bobadilla).

I sei compagni, guidati da Ignazio, fecero voto di castità e povertà a Montmartre, la festa dell'Assunzione 1534.

A Parigi Ignazio ebbe altre noie per il suo metodo, ma l'Inquisitore, il domenicano Valentin Liévin, lungi dal trovare nei suoi Esercizi alcunché di riprovevole, non solo li approvò, ma li lodò, facendosene dare copia per uso personale.

a Roma

Dopo un breve soggiorno in patria, ad Azpeitia, Ignazio prende la via di Roma, dove lo raggiungono i sei compagni. Rivelatosi impraticabile il progettato trasferimento in Terra Santa, essi decidono di rimanere a Roma, per svolgere da lì la loro attività apostolica, e lì prende forma in modo ormai compiuto il nuovo ordine religioso, la Compagnia di Gesù.

Non si trattò di un progetto concepito a tavolino, ma dell'esito di una serie apparentemente casuale di eventi, che paradossalmente prese il via dall'ennesimo processo contro Ignazio e i suoi. Anche in questa circostanza, più ancora anzi che in passato, Ignazio rivela tutta la sua energia e la sua accortezza, non lasciando nulla di intentato per arrivare alla verità: scrive, fa visite, si premura di ottenere la documentazione più solenne e precisa e alla fine arriva l'ennesima sentenza favorevole, questa volta dal più alto tribunale della cristianità. Il 18 novembre 1538 le accuse contro Ignazio e i suoi compagni vengono totalmente smantellate e gli accusatori condanati.

la Compagnia di Gesù

Il Papa stesso, Paolo III, a cui Ignazio offrì speciale obbedienza, per i compiti che a lui fosse piaciuto assegnare, accettò di buon animo l'offerta, con il che era costituito il germe del “quarto voto”, e nel giro di poco tempo si arrivò alla delineazione di un vero e proprio ordine religioso (1539), approvato dalla Santa Sede nel 1540.

Il seguito della vita di Ignazio si fonde con gli inizi della Compagnia di Gesù, tutta volta a impegnare fino in fondo le proprie umane energie per la fede cattolica, sia dove era insidiata dalla tiepidenzza o dalla incorenza (ad esempio con opere assistenziali e benefiche nei paesi cattolici), sia dove era minacciata dall'eresia protestante, sia dove non era ancora diffusa (attività missionaria nei paesi recentemente raggiunti oltre Oceano).

spiritualità

L'uomo è creato per lodare, adorare e servire Dio nostro Signore e salvare cosi la propria anima; e le altre cose sulla faccia della terra sono create per l'uomo affinché lo aiutino al raggiungimento del fine per cui è stato creato.
Da ciò consegue che l'uomo in tanto deve servirsene in quanto lo aiutino nel suo fine, e in tanto deve allontanarsene in quanto gli siano di impedimento nello stesso fine.

una accusa falsa

Viene spesso ripetuto che nella spiritualità gesuita la volontà umana ha un peso determinante, se non esclusivo, che relega in subordine l'iniziativa della Grazia divina.

Forse ciò può essere detto di certi gesuiti vissuti in epoche successive a Ignazio, ma in lui il ricorso a tutti i possibili mezzi umani (che pure è presente, come forse mai in altri santi prima di lui: si pensi alla insonne cura con cui leggeva e rileggeva le sue lettere prima di spedirle, si pensi al suo non lasciare intentata alcuna legittima via umana per risolvere i problemi in cui più volte si trovò impigliato) non è affatto alternativo alla più grande fiducia nella Provvidenza.

Ricordiamo solo qualche esempio: in occasione del suo viaggio a Gerusalemme, egli, accortosi prima dell'imbarco che gli erano rimaste alcune «monete in tasca» (Dalmases, Il padre maestro..., cit., p. 81) le lasciò su un banco. Dimostrando con ciò di voler riporre la sua fiducia solo in Dio.

Ancora, Ignazio e i sei compagni avevano fatto proponimento di recarsi a Gerusalemme, per stanziarsi lì, ma allorché si evidenziarono difficoltà a tale progetto, le accolsero di buon grado come segno della Provvidenza. Non così avrebbe fatto, osserviamo, chi avesse anteposto un proprio progetto volontaristico.

Più in generale, nella propria attività evangelizzatrice Ignazio impiegava sì con grande attenzione mezzi umani per difendersi dalle calunnie, ma si mostrava “semplice come colomba” nell'accettare, anche contro umani calcoli e prudenze, di parlare con chiunque si mostrasse interessato.

il baricentro della spiritualità ignaziana

è la Gloria di Cristo, visto come in lotta con il Nemico, il diavolo. La vita, e la storia sono una grandiosa, implacabile lotta tra Cristo e il Nemico dell'uomo: l'importante è schierarsi dalla parte giusta, con Cristo, che vuole il nostro bene e la nostra vera felicità.

Nel contesto di questa lotta grande importanza ha l'esame continuo dei propri pensieri e moti interiori:

[333] Quinta regola. Dobbiamo fare molta attenzione al corso dei nostri pensieri. Se nei pensieri tutto è buono il principio, il mezzo e la fine e se tutto è orientato verso il bene, questo è un segno dell'angelo buono. Può darsi invece che nel corso dei pensieri si presenti qualche cosa cattiva o distrattiva o meno buona di quella che l'anima prima si era proposta di fare, oppure qualche cosa che indebolisce l'anima, la rende inquieta, la mette in agitazione e le toglie la pace, la tranquillità e la calma che aveva prima: questo allora è un chiaro segno che quei pensieri provengono dallo spirito cattivo, nemico del nostro bene e della nostra salvezza eterna.

Non si tratta di uno psicologismo contorto, per un ripegamento ossessivo sulla propria soggettività, ma della consapevolezza che il Nemico è astuto e prima e più che tenderci insidie fuori di noi, ne tende dentro di noi; non deve perciò accadere che, credendo di combattere per una buona causa contro un nemico esterno, si abbia poi invece il nemico nella propria casa, dentro di sé, se non altro sotto la forma della superbia.

Non si tratta di una inquieta e includente ricerca: la natura umana, seppur ferita dal peccato originale, è buona ed ha in sé di che riconoscere che cosa la compie e che cosa invece la devasta:

[335] Settima regola. A coloro che procedono di bene in meglio, l'angelo buono si insinua nell'anima in modo dolce, delicato e soave, come una goccia d'acqua che entra in una spugna; al contrario, l'angelo cattivo si insinua in modo pungente, con strepito e agitazione, come quando la goccia d'acqua cade sulla pietra.

Certo, quanto più uno è immerso nel male, tanto più fatica farà, all'inizio, a percepirlo e a lasciarsi risollevare dalla Grazia:

Invece, in coloro che procedono di male in peggio, questi due spiriti si insinuano in modo opposto. La causa di questo è la disposizione dell' anima, contraria o simile a quegli angeli: infatti, quando è contraria, entrano con strepito e facendosi sentire; quando invece la disposizione è simile, l'angelo entra in silenzio, come in casa propria che gli è aperta.

Ma il Nemico, per quanto astuto, ha un potere comunque delimitato:

[325] Dodicesima regola. Il demonio si comporta come una donna, perché per natura è debole ma vuole sembrare forte. [...] è proprio del demonio indebolirsi e perdersi d'animo, e quindi allontanare le tentazioni, quando chi si esercita nella vita spirituale si oppone ad esse con fermezza, agendo in modo diametralmente opposto; se invece chi si esercita incomincia a temere e a perdersi d'animo nel sostenere le tentazioni, non c'è al mondo una bestia così feroce come il nemico della natura umana nel perseguire con tanta malizia il suo dannato disegno.

Anima Christi

è una delle più note e belle preghiere di S.Ignazio. La riportiamo per intero:

Anima Christi - sanctifica me
Corpus Christi - salva me
Sanguis Christi - inebria me
Aqua lateris Christi - lava me
Passio Christi - conforta me
O bone Jesu - exaudi me
intra Tua vulnera - absconde me
Ne permittas me separari a Te
Ab hoste maligno - defende me
in hora mortis meae - voca me
et iube - me venire ad Te
Ut com sanctis tuis laude Te
in saecula saeculorim. Amen