uomini o bambini?

Se non ritornerete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli

Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli

C'è un certo cattolicesimo (“di sinistra”) in cui i credenti rivendicano il proprio essere adulti, protestando la propria capacità e il proprio diritto di criticare la Chiesa, laddove essa appaia, ai loro occhi, retrograda e incoerente col Vangelo.

E c'è un un certo altro cattolicesimo (“di destra”) per il quale l'obbedienza alla Tradizione dispensa da un serio esame razionale dei problemi che il progresso (ad esempio scientifico, ma non solo) pone oggi all'ordine del giorno con una luce nuova.

A nostro avviso occorre essere sia bambini (che si fidano) sia uomini (che soppesano criticamente). Cerchiamo di spiegarci.

anzitutto bambini...

Il Maestro ci ha detto con chiarezza che condizione per entrare nel Regno è ritornare come bambini. Con “bambini” non ha voluto semplicemente dire senza peccato, ma prima ancora e più ancora: in atteggiamento di accettazione di un dato, senza aver un progetto da difendere.

Accogliere un dato: è un Altro che prende l'Iniziativa; la nostra più grande parte è la passività: «perché affanarsi tanto quando obbedire è così semplice, perché l'ordine è qua?» (Claudel, L'Annuncio a Maria).

In questo senso l'espressione (e il concetto) di “cristiani adulti” è quanto meno equivoca: un cristiano è principalmente e anzitutto bambino davanti all'Iniziativa di Dio, si tratta essenzialmente di accogliere questa iniziativa, di accettare un dono.

E questo dono Dio non lo lascia in balia del nostro capriccio: ci dà quella madre che è la Chiesa (legata misteriosamente alla realtà della Madre di Cristo); la Chiesa è madre e maestra, per dirla con Giovanni XXIII, e quello che ci è chiesto è di ascoltarLa e obbedirLe, fiduciosamente seppur non ciecamente.

... e uomini

In effetti la Chiesa è infallibile, ma non su tutto. Il che implica come corrispettivo che noi dobbiamo essere come bambini, ma non su tutto.

La Chiesa non può sbagliare sull'essenziale: ed è lì che ci è chiesto di essere come bambini.

Può invece sbagliare, e infatti nella storia ha sbagliato, sul non-essenziale: e lì dobbiamo usare fino in fondo il nostro senso critico, certo non slegandolo dalla fede (né dalla carità e dalla fondamentale gratitudine). Lì “l'obbedienza non è più una virtù” (don Milani). Lì si vede la differenza tra il fanatismo fondamentalista e una equilibrata e dialogica ragionevolezza cristiana.

Soprattutto bambini, dunque. Ma anche uomini. Bambini come cuore, che anzitutto riceve un dono, un dono che non è giustapposto a qualcosa, ma che in qualche modo comprende tutto. Uomini come testa, come pienamente attivata intelligenza critica.

Anche qui, come ovunque nel Cristianesimo vi è paradosso: unità e Trinità, umanità e divinità, giustizia e misericordia, universale e particolare: tutte queste polarità non si contrappongono come due alternative contradditorie. Così anche qui lo spirito dell'infanzia che accoglie con stupore un dato non esclude affatto lo spirito di responsabilità dell'adulto che vaglia criticamente e pensosamente.

Per questo è uno sbaglio